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Prima o poi dobbiamo tornare a parlare anche di mercato musicale

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È inutile nasconderlo: la situazione del mercato musicale, in particolare dello spettacolo dal vivo, è drammatica. Assomusica ha dichiarato che da qui a maggio sono 4200 gli eventi saltati per 63 milioni di euro di perdite a cui si aggiungono 130 milioni di euro in meno legati all’indotto.

Aggiungo io che, se consideriamo anche tutto il mercato indipendente “underground”, i numeri aumentano di gran lunga. Le grandi multinazionali del settore stanno adottando delle manovre “assistenzialiste” veramente lodevoli, tra le tante: Live Nation sta creando un fondo di 5 milioni di dollari; la stessa Assomusica con Friends & Partners e Vivo Concerti sta tentando di aprire un tavolo di confronto concreto con il governo. FIMI come SCF (Società di gestione dei diritti musicali) ha garantito la ripartizione di 6 milioni di euro tra etichette e collecting di artisti e tante altre iniziative che, grazie al cielo, ci ricordano che non siamo soli in questo tornado.

Perché, come per gli altri settori produttivi, la crisi investe tutti, da chi monta il palco a chi vuole comprare il biglietto per andare al concerto del suo idolo.

Un’intera filiera messa al muro, come ha provato a spiegare in pochissimi minuti Tiziano Ferro a “Che Tempo Che Fa” …ha provato appunto, perché il buon Fazio, per il quale nutro profonda stima, lo ha educatamente “ripreso” come si fa con un nipotino perché “ora ci sono cose più importanti da risolvere”.

Certamente! Mai come ora la musica deve essere considerata “un bene di seconda necessità”, ma prima o poi bisognerà parlarne e anche seriamente. Penso soprattutto a chi sta dietro le quinte, al vero “proletariato” musicale composto da tecnici e fonici, che sono fondamentalmente coloro che permettono la diffusione della musica ad un pubblico. A tal proposito, ritengo splendida l’iniziativa #ChiamateNoi che riunisce tutte le professionalità dei concerti, oggi “riconvertite” ed impiegate sul fronte dell’emergenza.

Ai piani di sotto, quelli della musica considerata di nicchia, la situazione è ancora più complessa e confusa. Nella mia casella e-mail saranno arrivate decine di petizioni: alcune tanto tenere quanto insensate, che ti viene da rispondere con un accorato “daje fratè passerà tutto!”; altre, promosse anche da testimonial con discreta visibilità, tanto arroganti quanto poco a fuoco. Per quanto riguarda il mercato degli indipendenti, degli autoprodotti e di tutto coloro che rientrano nella categoria “underground” (sempre che questo termine abbia ancora senso nell’era dello streaming e della conseguente rapidità con cui si può accedere alle dinamiche del mainstream).

Il punto cruciale penso che sia la soluzione di un problema che non appartiene solo al mondo della musica, ma a tutta l’Italia: il lavoro in nero. È necessario capire come creare un modello che permetta a tutti di avere eguali diritti e doveri, nel settore dello spettacolo in particolare.

Forse bisogna fare un passo indietro, ora che ci è concesso. Bisogna ritornare a riflettere su cosa significa ascoltare la musica, in particolare in un mondo così frenetico e globalizzato. Io considero la musica “un tempo di qualità per tutti, non solo per gli appassionati.

Oggi più che mai abbiamo bisogno di qualità nel nostro tempo, compresso da paura, dubbi, apatia. Ci siamo divertiti con i flashmob delle 18.00 e con le dirette sui social network, ma oltre che sfogo e nostalgia rimane ben poco. Se non ricominciamo prima noi, pubblico, a prendere veramente sul serio l’”Arte Musica”, come possiamo pretendere che lo facciano le Istituzioni? Dobbiamo dimostrare che è un “bene (primario) di seconda necessità”.

Guidati da questo pensiero, con tutti i ragazzi di “Promu – All For Music” abbiamo deciso di creare il format “Unplugged, i concerti a casa tua”. A partire da oggi 17 aprile, tutti i venerdì alle ore 19.00, pubblicheremo sul nostro canale YouTube i concerti (in versione audio) con il meglio del Jazz italiano. Si partirà con Simone Alessandrini Storytellers.

I concerti, registrati nell’estate del 2019, sono stati lavorati con l’obiettivo di avvicinarsi sonoramente il più possibile all’esperienza del concerto dal vivo, tenendo dunque in considerazione elementi come la “spazializzazione” del suono. Il fine è quello di regalare al pubblico un’esperienza audio e musicale molto vicina a quella del concerto dal vivo, stando però a casa seduti sul proprio divano.

Un esperimento che ci dà la possibilità ancora una volta di capire come gli ascoltatori potrebbero approcciarsi a questo nuovo modo di intendere gli eventi musicali e che ci offre del tempo (molto poco) per riflettere su un nuovo modello economico e sociale del settore musicale.